A cura di Silvia Galimberti del Servizio Legale di MC Torino
Da circa un anno si sente parlare di una modifica “storica” alla normativa vigente in tema di danno da sinistro stradale, già annunciata – ancora prima della sua entrata in vigore – come intervento diretto ad impedire il risarcimento della lesione da incidente stradale più diffusa: il famigerato “colpo di frusta”.
Cosa è successo precisamente e come ha reagito la giurisprudenza?
Con la Legge 27/2012 sono state apportate le seguenti aggiunte al Codice delle Assicurazioni Private (D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209):
1) “Al comma 2 dell’articolo 139 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”;
2) “Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e’ risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione.”
Le due integrazioni vengono interpretate da parte di alcune compagnie di assicurazioni come un vero e proprio stravolgimento normativo, una modifica capace di scardinare il vecchio e consolidato sistema risarcitorio arrestando (o almeno arginando) il fiume degli indennizzi per i traumi minori.
Secondo questa interpretazione, il danno biologico da “lesioni di lieve entità” (quale, appunto, la distrazione del rachide cervicale o colpo di frusta) sarebbe risarcibile solo se suscettibile di “accertamento clinico strumentale obiettivo“.
L’intento è quello di vincolare il risarcimento alle sole ipotesi in cui la lesione viene riscontrata in referti di diagnostica per immagini (raggi x), negando valenza alla prassi di semplificazione della valutazione legata esclusivamente al riscontro delle sintomatologie soggettive (ad esempio, dichiarazioni della vittima di sinistro stradale che lamenti sintomi dolorosi non riscontrabili in una vera e propria patologia clinica).
Questo tentativo di semplificazione della questione si è scontrato, e si scontra, tuttavia, con due problematiche di difficile risoluzione e di evidente portata.
Anzitutto, è risaputo che il colpo di frusta è un tipico caso di danno fisico che non è strumentalmente accertabile. O meglio, solo alcune volte appare un raddrizzamento della colonna cervicale, o “un’inversione della fisiologica lordosi” come si legge sui referti di pronto soccorso, ma non sempre la distorsione del rachide cervicale è accompagnata da tale obiettiva certificazione strumentale. In altre parole, la lesione può sussistere anche quando non è suscettibile di accertamento clinico strumentale obiettivo.
Inoltre, la seconda delle due norme sopra citate dispone che il danno alla persona per lesioni di lieve entità è risarcito “a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza di una lesione”: ciò significa che il medico legale può valutare strumentalmente ma anche“visivamente” la sussistenza della lesione, cioè a seguito di indagine obiettiva ed in osservanza agli usuali criteri valutativi utilizzati dalla comunità scientifica (anche prima dell’entrata in vigore della legge 27/2012).
Se è vero, quindi, che una scossa al mondo rc auto c’è stata, non può certo dirsi che si sia trattato di quella grande svolta cui all’inizio si pensava: è legittimo continuare a ritenere che il danno da microlesione possa essere validamente riconosciuto mediante accertamento medico legale (secondo la classica criteriologia causale) e senza necessità di alcuno specifico esame strumentale.
La più recente giurisprudenza torinese (Giudice di Pace di Torino, 28 novembre 2012, n. 8892) lo ha chiaramente confermato:
“Le nuove norme non modificano dunque la precedente definizione di danno biologico ma, caso mai, ribadiscono la necessità di accertamenti obbiettivi effettuati visivamente o strumentalmente secondo i dettami della scienza medica, come da più parti rilevato in dottrina in svariate occasioni, il che non comporta necessariamente l’adozione di una diversa e nuova criteriologia medica, tenuto conto che anche prima le valutazioni corrette delle lesioni alla persona dovevano essere conformi a criteri rigorosi ed obbiettivi. In sostanza, il richiamo al riscontro medico legale non fa altro che ribadire il modo di individuazione del danno biologico che fa comunque riferimento all’accertamento medico legale che viene pur sempre effettuato dal medico visivamente o strumentalmente secondo le nozioni di comune esperienza del professionista da sempre adottate. Tanto evidenzia anche come non si possano modificare i quesiti sinora posti in sede istruttoria ai CTU visto che si finirebbe per influire in modo atecnico su degli accertamenti che essi devono effettuare in base a tecniche di consolidata esperienza medica che non possono certo venir modificate in sede legislativa con semplici specificazioni della definizione del danno biologico già esistente nel compendio legislativo.”
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