Negli ultimi anni, complici la crisi economica, la perdita o la riduzione del lavoro e delle entrate, la pandemia o più semplicemente il fatto di stare tanto in casa, si sono diffuse in maniera esponenziale le piattaforme di compravendita di prodotti usati online (come Subito.it, Bakeka.it, eBay, Etsy, Facebook Marketplace, Vinted, etc…).
Comprare e vendere usato significa dare nuova vita ad un bene, contribuire a ridurre la produzione massiva, evitare lo smaltimento di un rifiuto e partecipare alla riduzione delle emissioni nocive.
Chi sceglie l’usato lo fa per risparmiare, ma anche per dare una mano all’ambiente.
In questo articolo analizzeremo
- le caratteristiche principali delle piattaforme di compravendita dell’usato on line
- le prassi in uso nel settore
- e le insidie a cui il consumatore deve porre attenzione.
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In linea generale, una piattaforma e-commerce è un luogo virtuale dove domanda e offerta si incontrano, è una valida alternativa alla vendita diretta di prodotti senza dover creare un proprio sito di e-commerce, permette di raggiungere un pubblico ampio e, a seconda della piattaforma, è possibile usufruire di una serie di servizi gestiti o quanto meno promossi dalla piattaforma stessa (pubblicità – anche attraverso un sistema di recensioni – pagamenti, logistica). Inoltre, si può essere presenti su più piattaforme contemporaneamente ampliando così la propria “clientela”.
In concreto, la piattaforma può essere:
- una semplice vetrina che mette in contatto venditori e compratori, come Subito.it o Facebook,
- oppure un marketplace, ossia un sito di intermediazione in cui gli utenti possono vendere e comprare, usufruendo dei servizi di pagamento e, eventualmente, della logistica e delle garanzie messe a disposizione dalla piattaforma.
È importante verificare sempre nel contratto quali servizi e quali garanzie vengono offerte perché possono cambiare molto da un marketplace all’altro.
Vetrine e marketplace sono accomunati da un aspetto: fungono da tramite e, non prendendo parte attiva alle transazioni, declinano ogni responsabilità riguardo alle vendite effettuate sul sito.
Questo significa che venditori e compratori dovranno risolvere eventuali problemi tra di loro.
Solo in alcuni casi, la piattaforma offre tutele addizionali come l’assistenza al venditore per mancato incasso, al compratore per mancata consegna o assistenza in caso di reso o reclamo.
Il consiglio è quello di verificare sempre nei termini d’uso della singola piattaforma come vengono gestiti il reso, i reclami e, in generale, l’assistenza post-vendita.
Non essendo ancora vigente una normativa ad hoc, ogni piattaforma si regola da sé, decidendo il grado di incisività ed efficacia della sua attività di intermediazione.
Ci sono piattaforme:
- che gestiscono direttamente il reso e il rimborso a seguito di recesso del cliente
- altre che declinano ogni responsabilità e attività al venditore.
Stesso discorso si può fare per i reclami: generalmente, le piattaforme chiedono all’acquirente di contattare il venditore e, solo in alcuni casi, si dichiarano disposte ad intervenire se la controversia non si risolve tra le parti.
In ogni caso, si può concordare sul fatto che i marketplace siano una risorsa importante per il mercato online perché permettono ai privati e, in generale, ai venditori, anch’essi spesso utenti privati, di raggiungere un pubblico più vasto di acquirenti.
Rispondiamo, qui di seguito, ad alcuni quesiti che emergono di frequente sul tema.
Quali sono le responsabilità che il venditore ha nei confronti dell’acquirente?
In primo luogo, il venditore, sia esso un privato o un professionista, ha un dovere di correttezza nelle trattative e non deve nascondere all’acquirente nessuna circostanza pregiudizievole riguardante il prodotto.
Il venditore è responsabile della consegna e deve garantire l’acquirente per i difetti che il bene venduto può presentare dopo l’acquisto.
Che cosa vuol dire “prodotti usati”?
Dopo l’acquisto, il prodotto deve continuare a funzionare, non come un prodotto nuovo, ma come di norma funziona un bene con le caratteristiche d’uso che il venditore ha descritto. Anche il venditore non professionista è tenuto a fornire una garanzia, seppure di valore inferiore rispetto a quella di conformità a cui la legge obbliga i venditori di professione che devono garantire rispetto ai vizi o ai difetti occulti che si manifestano entro un anno dalla consegna.
La garanzia è obbligatoria?
L’obbligo di offrire una garanzia resta uguale sia che si venda online sia che si venda in presenza. Se ci si appoggia ad una piattaforma per vendere un oggetto, come abbiamo già ribadito, è importante fare riferimento ai termini d’uso della piattaforma perché in alcuni casi potrebbe essere la piattaforma stessa a farsi carico della garanzia o di una parte di essa.
Più in generale, nelle compravendite tra privati, la garanzia dura un anno (salvo accordi diversi tra le parti al di sopra dell’anno).
Tuttavia, vale solo nel caso ci sia un malfunzionamento/difetto che incida pesantemente sull’utilizzabilità o sul valore del bene. In questo caso, l’acquirente ha diritto, però, solo a ottenere la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo: non è prevista la riparazione o la sostituzione del prodotto.
Per i difetti più lievi, l’acquirente può chiedere la riduzione del prezzo, mentre non sono coperti i piccoli difetti che non incidono sull’utilizzabilità. Il reclamo deve essere fatto al venditore entro 8 giorni dalla scoperta del problema.
È, inoltre, importante che il venditore conosca molto bene le policy e le regole di vendita stabilite dalla piattaforma che utilizza per la vendita. Alcune piattaforme di e-commerce, infatti, prevedono obblighi aggiuntivi per i venditori come, ad esempio, il rispetto dei tempi di consegna, la reperibilità, il rimborso del prezzo entro un termine e altro. In mancanza del rispetto dei requisiti base, l’inserzione potrebbe essere spostata in fondo ai risultati della ricerca o potrebbero venire applicate delle restrizioni sull’account fino alla sua cancellazione.
Occorre prestare attenzione anche al contenuto degli annunci e delle immagini oggetto dell’inserzione che, oltre ad essere veritiere e non ingannevoli per il cliente, devono anche essere rispettose dei diritti d’autore e di proprietà industriale/intellettuale dei terzi.
Come vengono gestiti i pagamenti?
I pagamenti online, come nei negozi fisici, possono essere effettuati in vario modo, addirittura in contanti usando il contrassegno. Ma di certo la procedura più utilizzata è quella dei pagamenti con carta o con app.
Se si usa una piattaforma per vendere, nella maggior parte dei casi, avrà anche una sezione pagamenti già attiva; di solito è richiesta l’apertura di un conto di pagamento su cui fare transitare i versamenti degli acquirenti che poi si potrà veicolare verso il proprio conto corrente. Ma se si fà tutto da soli, si può anche decidere di gestire in autonomia i pagamenti dei clienti.
Per poter incassare i pagamenti, sono previste delle commissioni di incasso e, in alcuni casi, anche dei costi fissi previsti dalle banche per la gestione del pos virtuale: anche per pagare online infatti, come per pagare in negozio, serve avere un pos (una macchinetta per accettare i pagamenti) che ovviamente sul web è virtuale.
È importante che nella home page della piattaforma di vendita vengano messe in evidenza le modalità di pagamento accettate e, soprattutto, che non siano mai previste commissioni aggiuntive rispetto al prezzo dei prodotti quando si usa un determinato mezzo di pagamento perché questa richiesta costuituirebbe una condotta illecita.
È interessante segnalare che, data la crescita esponenziale nell’uso delle piattaforme di vendita di prodotti usati on line, soprattutto nel corso degli ultimi tre anni, l’attenzione dell’Autorità Italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) si sta concentrando sulla gestione e sulla modalità di funzionamento di tali nuovi strumenti.
Sul punto, è opportuno riferire che, di recente, la società Vinted UAB, titolare del noto servizio e della relativa app di compravendita online dell’usato, è stata sanzionata dall’Antitrust (AGCM) per un milione e mezzo di euro per “modalità scorrette di promozione della piattaforma di compravendita www.vinted.it”.
Nel dettaglio, nel procedimento PS12003 che ha dato esito al Provvedimento del 25.10.2022, pubblicato il 10.11.2022, secondo l’Antitrust, la società avrebbe omesso e/o fornito informazioni ingannevoli in relazione ai costi delle operazioni di compravendita eseguibili sulla propria piattaforma, pubblicizzate invece come “gratuite/senza commissioni” e al prezzo effettivo di vendita online dei singoli prodotti.
Secondo l’Antitrust, Vinted avrebbe promosso le attività della piattaforma diffondendo informazioni ingannevoli in merito ai reali costi delle transazioni commerciali e veicolando – attraverso una pluralità di mezzi pubblicitari – claim enfaticamente incentrati sulla gratuità delle operazioni di compravendita e sull’assenza di commissioni. La società avrebbe, però, omesso di indicare in modo chiaro e trasparente, fin dal momento dell’iniziale “aggancio pubblicitario”, nella pagina dei risultati di ricerca/catalogo (homepage), l’esistenza a carico dei consumatori di costi ulteriori rispetto al prezzo di acquisto del prodotto, legati all’applicazione della commissione per la “Protezione Acquisti” (una quota fissa pari a 0,70 euro e una variabile pari al 5% del prezzo del prodotto acquistato) e alle spese di spedizione.
Le condotte scorrette, attuate da Vinted a partire almeno da dicembre 2020, risultano integrare una pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in quanto idonea a ingannare i consumatori su modalità e costi delle operazioni di compravendita eseguibili sulla piattaforma, e dunque ad indurli ad assumere una decisione circa l’acquisto di un prodotto sul sito www.vinted.it che non avrebbero altrimenti preso.
La società dovrà comunicare le iniziative assunte per superare le criticità evidenziate nella delibera dell’Autorità entro 60 giorni dalla notifica. Vinted ha annunciato che farà appello contro la decisione dell’Antitrust.
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