Il tema dell’interpretazione e dell’applicazione al condominio di edifici della disciplina a tutela dei consumatori (derivante, in primo luogo, dalla Direttiva 93/12/CEE) è all’ordine del giorno nelle sale giudiziarie europee e nazionali.
In via generale, ricordiamo come il condominio negli edifici costituisca la figura più importante ed anche la più complessa di comunione e rappresenti una realtà abitativa per milioni di persone in Italia.
La peculiarità di tale figura risiede nel fatto che il singolo condomino è, al contempo, proprietario esclusivo del suo appartamento e comproprietario, in virtù di comunione forzosa, di alcune parti dell’edificio (il suolo su cui poggia, le fondamenta, le scale, i muri perimetrali, i tetti ecc…); mentre, il condominio, di per sè e per talune finalità, è sì riconosciuto come un soggetto giuridico automono ma privo di personalità giuridica.
In proposito, è opportuno rilevare che la questione giuridica portata all’attenzione della Corte di Giustizia Europea (da ultimo, con sentenza 02 aprile 2020 nella causa C-329/19) attiene alla estensione dell’accezione di consumatore al condominio secondo la definizione di cui all’art. 2, lettera b) della richiamata Direttiva.
La Corte di Giustizia UE affronta la questione muovendo dal tenore letterale dell’art. 2, lettera b della Direttiva, secondo cui è consumatore “qualsiasi persona fisica che… agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale”.
Da tale disposizione deriva che la qualifica di consumatore sussiste se ricorrono due condizioni cumulative: che si tratti di una persona fisica e che questa svolga attività a fini non professionali.
La prima condizione non è propria del condominio, che dunque parrebbe non poter accedere alla qualifica di consumatore e al conseguente regime di tutela previsto dal diritto europeo.
La Corte supera l’apparente empasse mediante un ricorso alle norme contenute nei Trattati. Osserva, infatti, che manca all’iterno degli ordinamenti degli Stati membri una nozione comune di proprietà, concludendo che, fintanto che il legislatore europeo non interverrà armonizzando la materia, ciascuno Stato sarà libero di disciplinare il regime giuridico del condominio qualificandolo o meno come persona giuridica.
Resta tuttavia il dato, incontrovertibile, che si tratta pur sempre di persona giuridica e non di persona fisica come richiesto dall’art. 2 della direttiva (e dall’omologo art. 3 del Codice del Consumo).
L’obiezione è, tuttavia, superabile posto che ai sensi dell’articolo 169, paragrafo 4, TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), gli Stati possono mantenere o introdurre misure di tutela dei consumatori più rigorose, a condizione che siano compatibili con i Trattati.
Secondo il considerando 12 della direttiva, quest’ultima persegue infatti una mera armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive, lasciando agli Stati la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato, un più elevato livello di protezione per i consumatori, anche tramite disposizioni nazionali più severe rispetto a quelle contenute nella direttiva stessa. Il considerando 13 della direttiva chiarisce, a tal proposito, che gli Stati possono mantenere o introdurre una legislazione nazionale corrispondente alla direttiva, o ad alcune delle sue disposizioni, potendo addirittura arrivare ad estenderne l’applicazione anche a persone giuridiche o persone fisiche che la stessa non qualifica “consumatori”, quali le organizzazioni non governative, le start-up o le piccole e medie imprese.
In conclusione, con la esaminata sentenza, la Corte di Giustizia Europea ha affermato che gli Stati membri possono applicare estensivamente la normativa dettata in materia di tutela dei consumatori anche al condominio, qualora ciò non risulti in contrasto con i Trattati.
Per quanto riguarda la Giurisprudenza in Italia, sia quella di legittimità che di merito, sin dai primi anni duemila, si era già espressa favorevolmente al riconoscimento del condominio quale consumatore con la conseguente applicazione della normativa di riferimento, codificata nel codice del consumo.
A conforto, si può riportare la massima esplicativa dell’orientamento costante e consolidato dei Giudici della Suprema Corte di Cassazione secondo il quale: «al contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l’amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale» (si veda, fra il resto, Cassazione civile sez. VI, 22/05/2015, n. 10679; Cassazione civile, sez. III, 24 luglio 2001, n. 10086, Cassazione civile, sez. III, 12 gennaio 2005, n. 452).
Dopo questa panoramica generale, analizziamo più nello specifico, alcuni casi in cui i giudici nazionali hanno equiparato il condominio di edifici ad un consumatore.
Nella casistica esistente, è stato ricorrente il richiamo alla normativa contenuta nel codice del consumo per contestare clausole abusive e/o vessatorie per i contratti stipulati dal condominio ed aventi ad oggetto la manutenzione di impianti nei quali la firma dell’amministratore è apposta come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionali (cfr. Tribunale Grosseto, 09/11/2016, n. 905).
Ancora, una recente azione di opposizione a decreto ingiuntivo per il mancato pagamento del contratto di assistenza e manutenzione ordinaria dell’impianto di riscaldamento condominiale si è rivelata l’occasione per approfondire la natura giuridica del condominio e la possibilità che ad esso si applichi la disciplina prevista dal codice del consumo.
Secondo la Corte di Appello di Milano (sent. n. 231 del 25 gennaio 2022), il condominio, pur non essendo una persona giuridica in senso stretto, può comunque essere considerato un soggetto giuridico autonomo, con la conseguenza che sono ad esso applicabili le norme a tutela dei consumatori quando stipula un contratto con un’impresa.
Il caso da cui ha preso le mosse la vicenda sottoposta alla Corte di Appello di Milano riguardava un’opposizione a decreto ingiuntivo con cui il condominio contestava l’applicazione, da parte dell’impresa creditrice, degli interessi moratori prevista dalla normativa sulle transazioni commerciali. Secondo il decreto legislativo n. 231/2002, a tutte queste operazioni si applicano ex lege gli interessi di mora, anche se non pattuiti. La normativa si applica, però, solo ai pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, per tali dovendosi intendere tutti i contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportino la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo.
Il giudice di prime cura, accogliendo l’opposizione del condominio, revocava il decreto ingiuntivo inizialmente concesso all’impresa creditrice affermando che il condominio era da considerarsi consumatore e non un imprenditore commerciale.
Parte soccombente proponeva appello ritenendo che il tribunale avesse erroneamente attribuito la qualifica di consumatore al condominio.
Secondo la corte meneghina, però, l’appello era infondato atteso che, trattandosi di contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, quest’ultimo doveva qualificarsi come consumatore, agendo l’amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condòmini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.
Ancora, in aderenza alla disciplina protettiva dettata dal D.Lgs. n. 206/2005, è stato riconosciuto che il foro competente in caso di vertenze tra condominio e professionista è rappresentato dal Giudice/Tribunale del cui circondario ove è posto lo studio dell’amministratore, quale domicilio eletto, ai sensi del relativo art. 33, comma 2, lett. u), sebbene differente dal luogo ove è sito l’immobile (caso relativo al procedimento avviato da un fornitore per ottenere il corrispettivo di prestazioni) (cfr. Tribunale Milano sez. XI, 01/02/2020, n. 885).
Infine, la giurisprudenza di merito ha applicato più volte le norme del codice del consumo nei rapporti contrattuali intercorsi tra il condominio e un professionista quale, a titolo esemplificativo, l’imprenditore per appalto lavori di ristrutturazione o l’assicuratore per la stipula di una assicurazione (cfr. Corte appello Genova sez. I, 28/09/2020, n.859).
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