I comportamenti posti sotto la lente d’ingrandimento dell’Agcm consistono nella promozione di un’attività vietata in Italia dalla normativa sui taxi, nella pubblicazione di informazioni ingannevoli sulla sicurezza e affidabilità del servizio e nell’adozione di clausole vessatorie e illecite
Movimento Consumatori ha oggi richiesto l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per indagare su pratiche commerciali scorrette nel servizio Uber Pop.
I comportamenti posti sotto la lente d’ingrandimento dell’Authority consistono nella promozione di un’attività vietata in Italia dalla normativa sui taxi, nella pubblicazione di informazioni ingannevoli sulla sicurezza e affidabilità del servizio e nell’adozione di clausole vessatorie e illecite.
La società statunitense, con sede legale in Olanda, si presenta infatti come intermediario tra il consumatore e l’autista, ma di fatto gestisce e organizza un servizio che è attualmente vietato dalle leggi italiane, con la conseguenza che – diversamente da quanto pubblicizzato sul sito – è direttamente responsabile di tutto ciò che può avvenire sui propri “taxi” ed è tenuta a rispettare non soltanto la normativa di settore, ma anche quanto previsto dal Codice del Consumo nei rapporti contrattuali con gli utenti.
“Il servizio di trasporto su taxi è ancora un servizio pubblico – afferma Marco Gagliardi, responsabile settore trasporti Movimento Consumatori – e multinazionali che monopolizzano la Rete non possono violare le normative esistenti in Italia. Solo un processo guidato e normato di liberalizzazione del mercato potrà garantire la tutela degli utenti, non soltanto nell’obiettivo di contenere le tariffe, ma di stimolare la concorrenza, nel massimo rispetto dei diritti e della sicurezza dei cittadini”.
“Per Movimento Consumatori – spiega Alessandro Mostaccio, segretario generale MC – è essenziale che queste nuove forme economiche vengano monitorate per distinguere, da subito, tra nuove tipologie di business (che come tali devono rispettare tutte le normative vigenti) e forme di economia collaborativa e mutualistica non indirizzate esclusivamente al profitto. I casi che si stanno delineando ultimamente sono quelli di concentrazione di grandi player e big della Rete uniti a grandi capitali che nulla hanno a che vedere con la sharing economy”.
“Le associazioni di consumatori – continua Mostaccio – hanno ora il dovere di non chiudere gli occhi su un nuovo modello di business che porta sì una diminuzione dei prezzi, ma non rispetta le leggi vigenti.
Del resto anche a livello europeo si inizia ad avere un’attenzione particolare per il tema della sharing economy: nel corso dell’European Consumer Day, tenutosi ieri a Bruxelles, il commissario Vĕra Jourová ha sottolineato come dalle grandi opportunità arrivino anche grandi responsabilità e i diritti dei consumatori, le norme di salute e sicurezza devono essere rispettate, non indebolite”.