
Quando parliamo di tutela dei diritti dei consumatori non possiamo non volgere lo sguardo oltre i confini nazionali. A partire dai primi anni novanta del secolo scorso, infatti, l’Unione Europea considera il tema dell’accesso alla giustizia e, in particolare della diffusione di metodi alternativi nella risoluzione delle controversie, una parte fondamentale della politica di tutela del
consumatore.
L’acronimo ADR, che sta per Alternative Dispute Resolution e che in italiano può assumere il significato di “sistemi alternativi alla giurisdizione per la risoluzione delle controversie”, è un termine ormai entrato nell’uso comune e rappresenta, in linea generale, quell’insieme di metodi che consentono alle parti in lite di trovare una soluzione alla questione, soddisfacente per gli interessi di entrambe, evitando alle stesse di ricorrere ad un’azione giudiziaria ordinaria.
Tali procedure si svolgono al di fuori delle tradizionali aule di giustizia e hanno come obiettivo non tanto quello di
sostituirsi completamente alla giustizia ordinaria con pari strumenti e pari risultati, bensì quello di fornire una valida alternativa (in termini di rapidità ed economicità delle pronunce) ai consumatori per ottenere una tutela effettiva dei propri diritti non pregiudicando, in alcun caso, la possibilità per il consumatore di adire alla giustizia tradizionale in un secondo momento.
Per quanto riguarda il settore bancario e finanziario, in seguito al recepimento della normativa europea in argomento, sono stati implementati diversi organismi e sistemi per la risoluzione in via stragiudiziale di controversie tra intermediari e clienti non professionali, sia in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari sia in ambito di prestazione di servizi con finalità di investimento.
Tra i più efficaci si citano l’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) – organismo indipendente ed imparziale nei compiti e nelle decisioni, sostenuto nel suo funzionamento dalla Banca d’Italia, operativo dal 15 ottobre 2009 ed istituito in attuazione dell’art. 128-bis del Testo Unico Bancario – avente come competenza le controversie che possono sorgere in materia di operazioni e servizi bancari tra clienti e intermediari bancari e l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) – istituito presso la Consob, Autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari, in base al D.Lgs. n. 130/2015 (di attuazione della direttiva 2013/11/UE) e operativo dal 9 gennaio 2017 – il quale si occupa, invece, dei contrasti sorti tra cliente e intermediario inerenti alla prestazione di servizi con finalità di investimento (ad es. negoziazione o collocamento di titoli, consulenza in materia di investimenti, gestione di patrimoni).
La legge ed i regolamenti attuativi individuano le caratteristiche salienti dei sistemi di ADR, quali, fra i più rilevanti:
1) rapidità, economicità ed effettività della tutela della clientela;
2) imparzialità e rappresentatività dell’organo decidente;
3) natura decisoria ma non vincolante del provvedimento finale;
4) salvaguardia del diritto di accesso agli altri mezzi di tutela.
Vediamo nel dettaglio come funziona il procedimento dinanzi all’ABF e all’ACF.
Chi può ricorrere all’ABF?
Il cliente non professionale che abbia o abbia avuto rapporti contrattuali o sia entrato soltanto in relazione con un intermediario per servizi bancari e finanziari, compresi i servizi di pagamento. Inoltre, la controversia deve avere ad oggetto la richiesta di una somma di denaro per un importo non superiore a 200.000 euro e/o l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà (ad esempio, la mancata consegna della documentazione di trasparenza o la mancata cancellazione di un’ipoteca dopo l’estinzione di un mutuo), in questo caso senza limiti di importo.
Chi può ricorrere all’ACF?
Solo i risparmiatori possono fare ricorso all’ACF per richieste di risarcimento danni non superiori a 500.000 euro nei confronti di banche, intermediari finanziari, società di intermediazione mobiliare (sim) e soggetti che gestiscono fondi comuni di investimento (sgr, sicav e sicaf).
Possono essere sottoposte all’ACF controversie tra un investitore “retail” (risparmiatori – anche imprese, società o altri enti – che non possiedono particolari competenze, esperienze e conoscenze, invece possedute dagli investitori cosiddetti “qualificati” o “professionali”) e un “intermediario” per violazione di obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza in capo a questi ultimi quando prestano servizi di investimento o servizio di gestione collettiva del risparmio.
Cosa fare prima di presentare un ricorso all’ABF o all’ACF?
Prima di presentare ricorso occorre avere inviato all’intermediario un reclamo scritto al quale non sia stata data risposta (entro al massimo 60 giorni) oppure sia stata fornita risposta non soddisfacente. Non è possibile presentare ricorso se sono trascorsi più di 12 mesi da quando è stato presentato reclamo all’intermediario, fatto salvo l’invio di nuovo reclamo.
Quanto costa un ricorso all’ABF o all’ACF e come fare per presentarlo?
Per il ricorso all’ABF il cliente dovrà pagare soltanto 20 euro di contributo spese per la procedura. Se il ricorso è accolto, anche solo in parte, l’intermediario è tenuto a rimborsare i 20 euro, salvo i casi espressamente disciplinati dalle Disposizioni ABF in cui non è previsto il rimborso del contributo.
Ricorrere all’ACF è gratuito.
Il ricorso viene caricato sulla piattaforma online accessibile attraverso il collegamento ai siti internet degli Organismi e deve contenere il nome dell’intermediario e l’esposizione dei fatti, nonché l’indicazione della somma richiesta o della pretesa. Si può presentare il ricorso direttamente oppure tramite un procuratore (avvocato o altro professionista) o un’associazione dei consumatori.
L’importante è predisporre un buon ricorso: le possibilità di una decisione favorevole aumentano se il ricorso è esaustivo, ben argomentato e riprende tutti i fatti, nella loro sequenza logica e temporale, sui quali si basa la pretesa nei confronti dell’intermediario.
Quali sono le tempistiche per la decisione?
Davanti all’ABF l’intermediario ha 45 giorni dalla ricezione del ricorso per presentare, tramite la piattaforma, le proprie controdeduzioni, successivamente, il cliente può replicare alla documentazione presentata dall’intermediario entro i 25 giorni successivi e l’intermediario può trasmettere le controrepliche nei 20 giorni successivi. Entro 90 giorni dalla data di completamento del fascicolo, si riceverà la comunicazione dell’esito del ricorso (accogliemento o rigetto), prorogabili di ulteriori 90 giorni in caso di particolare complessità.
Davanti all’ACF l’intermediario ha almeno 30 giorni per presentare, tramite la piattaforma, le proprie osservazioni (“deduzioni”) al fine di difendersi e provare di aver agito nel rispetto delle regole. L’intermediario deve, inoltre, trasmettere tutta la documentazione relativa alla controversia.
Il ricorrente può replicare caricando nella piattaforma ulteriori considerazioni e documentazione nei successivi 15 giorni, dopo i quali l’intermediario può a sua volta, entro 15 giorni, sempre con le stesse modalità, controreplicare. A questo punto, il fascicolo è chiuso e la controversia è pronta per essere sottoposta al Collegio dell’ACF per la decisione.
Che valore hanno le decisioni degli “Arbitri”?
Gli “Arbitri” decidono chi ha ragione e chi ha torto nel merito del ricorso e, se lo accolgono, decidono la somma che l’intermediario dovrà pagare o il comportamento che dovrà tenere ed entro quanto tempo dovrà farlo, normalmente 30 giorni.
Le decisioni sono adottate applicando il diritto vigente e, ove esistenti e rilevanti per la materia oggetto del ricorso, le previsioni dei codici di condotta ai quali l’intermediario aderisce. I precetti dell’autoregolamentazione, infatti, completano il quadro degli obblighi e degli adempimenti ai quali gli intermediari sono tenuti, nell’ottica di una tutela sostanziale e non meramente
formalistica dell’interesse del cliente.
Le decisioni non sono vincolanti e non hanno l’effetto tipico delle sentenze del giudice, tuttavia, data l’autorevolezza degli Organi da cui provengono presentano un tasso elevato di adesione da parte degli intermediari.
Se si ritiene la decisione insoddisfacente, entrambe le parti sono libere di ricorrere ad ogni altro strumento di tutela previsto dall’ordinamento. Resta, infatti, possibile instaurare il procedimento giudiziario o ricorrere alla mediazione o all’arbitrato.
Cosa succede in caso di inadempimento dell’intermediario?
Se l’intermediario non rispetta la decisione o non collabora allo svolgimento della procedura, l’inadempimento è pubblicato per 5 anni sul sito internet dell’ABF o dell’ACF, dove si trova l’elenco degli intermediari inadempienti e, in evidenza, sulla pagina iniziale del sito internet dell’intermediario per la durata di 6 mesi.
Sebbene le decisioni dell’ABF e dell’ACF non siano vincolanti per le parti interessate, l’autorevolezza degli Arbitri nonché l’uniformità delle decisioni ha fatto sì che, giorno dopo giorno, le stesse non rimanessero isolate all’interno dei Collegi arbitrali ma fossero considerate alla stregua di precedenti conformi persino dai Giudici ordinari in sede di motivazione delle sentenze civili.
Secondo le statistiche pubblicate annualmente dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB e reperibili sui siti internet (www.arbitrobancariofinanziario.it / www.acf.consob.it) relativamente all’andamento delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie a tutela dei clienti nel settore bancario e finanziario, dal primo anno di attività degli Organismi sopra descritti è stato registrato un continuativo gradimento dello strumento rappresentato dal costante aumento nella
presentazione del numero di ricorsi.
Pertanto, a distanza di pochi anni dall’implementazione di tali strumenti nell’ordinamento nazionale è possibile affermare che il successo dello strumento ADR è dettato dall’efficacia dello stesso il quale risponde a requisiti di visibilità, accessibilità, uso della tecnologia, pubblicità e consultazione degli esiti delle procedure, basso costo e rapidità di decisione.
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