La mediazione tributaria. Cos’è e come funziona

Quando un contribuente riceve dall’Agenzia delle Entrate determinati atti (come ad esempio un avviso di accertamento), vi sono casi in cui presentando un ricorso (che ha anche la funzione di reclamo) contro tali atti è necessario inserire anche una proposta di accordo (mediazione), che ha lo scopo di evitare l’inizio di un giudizio avanti alla Giustizia Tributaria.

La finalità della mediazione tributaria (come peraltro la finalità di tutte le procedure ADR) è quella di cercare di risolvere con l’Amministrazione finanziaria la controversia attraverso un esame volto ad anticipare l’esito ragionevolmente atteso del giudizio. Si offre quindi al contribuente la possibilità di avvalersi di una procedura più snella ed immediata evitando così gli oneri e le lungaggini di una procedura giudiziaria ordinaria.

La mediazione si applica con riferimento agli atti suscettibili di reclamo notificati al contribuente a decorrere dal 1° aprile 2012. Inizialmente previsto come passaggio obbligatorio per un valore di causa entro €20.000,00, a partire dagli atti notificati a decorrere dal 1 gennaio 2018 tale valore è stato innalzato ad €50.000,00.

Anche questo Istituto è stato recentemente modificato dalla Legge n. 130/2022 di riforma della Giustizia Tributaria che con l’introduzione all’art.17-bis del comma 9-bis D.Lgs. 546/1992, prevede, in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione e di prosecuzione in sede giudiziale, che la soccombenza di una delle parti in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, abbia come conseguenza per la parte soccombente la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio.

L’Ufficio che procede all’istruttoria del reclamo mediazione presentato dal contribuente, se non intende accogliere il reclamo o l’eventuale proposta di mediazione del contribuente stesso, ne può formulare una propria. Nel valutare il reclamo-mediazione, l’ufficio dovrà tenere presenti tre criteri specifici previsti dalla legge:

  • l’eventuale incertezza delle questioni controverse,
  • il grado di sostenibilità della pretesa,
  • il principio di economicità dell’azione amministrativa.

A questi tre criteri, si aggiungono ora le novità della riforma, con l’ufficio che, in caso di rigetto immotivato del reclamo, subirà la condanna al pagamento delle spese di giudizio, condanna che può rilevare ai fini della responsabilità amministrativa del funzionario che ha rigettato l’istanza o non accolto la proposta di mediazione.

In sintesi, l’istituto del reclamo-mediazione in ambito tributario è una procedura, da esperire a pena di improcedibilità, prima della costituzione in giudizio, per le controversie dei valori sopra specificati (inteso come importo delle imposte, al netto di sanzioni e interessi), tra le altre, derivanti da:

  • avviso di accertamento
  • avviso di liquidazione
  • provvedimento che irroga le sanzioni
  • ruolo
  • rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti
  • diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari
  • cartelle di pagamento per vizi propri
  • fermi di beni mobili registrati (articolo 86 del Dpr n. 602 del 1973)
  • iscrizioni di ipoteche sugli immobili (articolo 77 del Dpr n. 602 del 1973)
  • ogni altro atto per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alla Giustizia tributaria
  • controversie relative al silenzio rifiuto alla restituzione di tributi, sanzioni, interessi o altri accessori.

L’istituto del reclamo/mediazione si applica agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n° 300 e dagli Enti locali (art. 9, D. Lgs. 156/2015). Si applica inoltre, in quanto compatibili, anche agli atti emessi dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. n° 446/97.

L’istituto non si applica invece alle controversie di valore indeterminabile (ad eccezione di quelle in materia catastale, di cui all’articolo 2, comma 2, primo periodo) e alle controversie di cui all’art. 47 bis, relative al recupero degli aiuti di Stato.

L’istanza di reclamo/mediazione, se non diversamente specificato nell’atto impugnato, va inoltrata alla Direzione dell’Agenzia delle Entrate, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e, più in generale all’Ente che ha emanato l’atto o ha omesso quello richiesto.

La proposizione deve essere effettuata entro sessanta giorni dalla notificazione dell’atto da impugnare, o novanta giorni dal rifiuto tacito dell’atto richiesto. La descritta procedura amministrativa, volta alla composizione della lite, costituisce condizione di procedibilità del ricorso, che diviene esperibile decorsi novanta giorni fissati per la conclusione della stessa. Da tale termine riprendono a decorrere i trenta giorni per la costituzione in giudizio davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e, in quella sede, all’atto del deposito del fascicolo di parte, andrà allegato il pagamento del contributo unificato.

Si applica la sospensione feriale dei termini processuali (dal 1 al 31 agosto).

Alla ricezione del reclamo/mediazione, l’Ente può:

  1. accogliere l’istanza del ricorrente, invitandolo a sottoscrivere l’accordo di mediazione;
  2. ritenere non accoglibile il reclamo in tutto o in parte. In questo caso la procedura può concludersi con un provvedimento motivato di rigetto, a seguito del quale il ricorrente può o accettare la decisione dell’Ente oppure precedere davanti all’Autorità Giudiziaria. La costituzione in giudizio deve avvenire entro 30 giorni dalla scadenza del termine di 90 giorni previsti per la definizione della procedura di reclamo-mediazione, anche se il provvedimento di rigetto del reclamo-mediazione è notificato al contribuente prima dei predetti 90 giorni.

Per concludere, il Legislatore, con le riforme di recente attuate in materia di diritto tributario, si pone lo scopo di deflazionare il contenzioso ponendo anche a carico del funzionario responsabile dell’Ente, l’onere di prestare particolare attenzione alle ragioni espresse dal contribuente già in fase di mediazione, posto che “per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa”.

Questa volontà di deflazionare il contenzioso la si ritrova anche in un altro istituto differente dal reclamo-mediazione, che è la Conciliazione Giudiziale già disciplinata dagli articoli da 48 a 48-ter del D.lgs n. 546/92 e oggi ulteriormente “incentivata” dalla legge di Bilancio 2023.

L’art. 4, comma 1, lett. g) della L. n. 130/2022 (Legge modificativa del D. L.vo 546/1992), con l’introduzione dell’art. 48-bis 1, ha disposto che, per le controversie soggette a reclamo ai sensi dell’art. 17-bis, la Corte di giustizia tributaria possa proporre alle parti una conciliazione, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione. Pertanto, la nuova procedura tributaria prevede che, oltre alla fase obbligatoria di reclamo-mediazione di cui all’art. 17-bis cit., la Corte di giustizia tributaria successivamente adita possa formulare una proposta conciliativa così aprendo, di fatto, un ulteriore canale deflattivo.

La legge di Bilancio 2023, inoltre, ha previsto che, per le controversie pendenti al 1° gennaio 2023 innanzi alle Corti di Giustizia tributaria di primo e di secondo grado aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, sia possibile una definizione entro il termine del 30 giugno 2023 con l’accordo conciliativo di cui all’art. 48 D.Lgs. 546/92, con però sanzioni ridotte a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, gli interessi e gli eventuali accessori.

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